fbpx
SPAZIO AL CANE
(e in canile?)

Lo spazio per il cane è un elemento comunicativo vario e articolato.

Assume significati profondamente diversi a seconda del contesto.

Si parla infatti di prossemica, la disciplina secondo cui un individuo occupa e utilizza lo spazio attorno a se e di come se ne serve per comunicare.

La prossemica è quindi un aspetto della comunicazione non verbale e riguarda la posizione rispetto all’ambiente, rispetto agli altri individui , il movimento – traiettorie, velocità, ritmo – distanze anche rispetto all’interlocutore.

Ogni cane, come descritto da Edward Hall ha quattro zone interpersonali:

  • La zona intima riservata ai membri del proprio gruppo sociale
  • La zona individuale che prevede l’interazione diretta (contatto )
  • La zona sociale che implica la comunicazione a distanza con un altro individuo utilizzando gesti e posture
  • La zona pubblica che riguarda “il resto del mondo” che non implica un’interazione.

Il confine tra una zona e l’altra e ’soggettivo e non può essere definito in metri perché ogni cane ha le sue caratteristiche, le sue emozioni, il suo vissuto ed è variabile a seconda del contesto anche per lo stesso cane.
L’elemento spazio è davvero così importante nella vita comunicativa e sociale del cane, che proprio osservando e sapendo leggere la sua prossemica, possiamo cercare di comprendere meglio chi è quel cane e cosa vuole esprimere al mondo.

Questa breve introduzione ad un argomento vastissimo, per provare a comprendere come sia difficile la gestione di questo elemento così importante in un ambiente come quello del CANILE.
E’ difficile e ingiusto fare una generalizzazione ma in ogni situazione di canile o rifugio, se volessimo dare spazio al cane rispettando le sue coordinate, inevitabilmente queste coordinate non potrebbero essere espresse liberamente, venendosi a scontrare con le coordinate “ spazi canile”.
La Legislazione (attraverso i Regolamenti Regionali) si occupa di queste misure, e forse solo i canili più grandi di dimensioni, possono permettersi box di una certa metratura con una parte esterna (zona giorno) ed una interna (zona notte) e aree sgambamento che si possano definire tali.
Ma queste misure non hanno nulla a che fare con la prossemica di ogni singolo cane.
Quindi, in canile, la realtà è fatta di spazi ristretti, convivenza forzata con altri cani, magari nello stesso box, condivisione di momenti importanti come pappa, deiezioni, uscite; sovrastimolazione delle emozioni e delle aspettative legate al passaggio degli operatori o al passaggio di altri cani, creando una continua variazione dello stato emozionale (arousal) e quindi un incremento deleterio dello STRESS.

L’alto numero di cani da gestire e gli spazi ristretti rende problematica la gestione quotidiana dando vita ad una routine fatta di controllo e contenimento.
Il canile IDEALE è un rifugio fatto secondo criteri etologici e scientifici diversi, basati su un ecosistema in cui al posto dei box ci siano spazi più ampi, nel verde, in cui la presenza di gruppi sociali distinti possano convivere serenamente in condizioni dignitose. Pensare a strutture di canili e gattili in cui ambientalisti, architetti, studiosi del comportamento animale, associazioni, e gestori possano collaborare per costruire qualcosa di più vicino alla natura.
Qualche struttura di questo tipo fortunatamente esiste già in Italia e noi crediamo fortemente che si debba sempre più tendere a quei modelli.
Ma in attesa che la cultura cinofila (e la legislazione) facciano questi importanti passi dovremmo cercare di migliorare le strutture e la gestione dei canili già esistenti.

Per esempio iniziando con il box, separando adeguatamente zona giorno e zona notte (sia per il momento del pasto che per il momento del riposo limitando le sollecitazioni esterne); prevedere un “rituale” di avvicinamento e entrata / uscita dal box per rispettare la soggettività del cane in modo da renderlo più consapevole su quello che si andrà a fare insieme;
Mettendo schermature sulle reti nei passaggi comuni (per evitare la troppa stimolazione emotiva del cane);
Creare aree sgambo in cui l’uscita del cane possa essere un vero momento di scarico e di espressione di sé con arricchimento ambientale (giochi, attrezzi, piscinette…) seguito e controllato da operatori ed educatori;
Creare “zone di decompressione” momentanea prima che il cane esca in passeggiata (dove poterlo vestire dopo averlo fatto calmare e scaricare) per trasmettergli calma e autocontrollo prima di varcare la soglia.
Questi, sono solo alcuni degli esempi di accorgimenti che si possono adottare per rendere un po’ meno difficile la condivisione di uno spazio ristretto e problematico come quello del canile.

Questa breve introduzione ad un argomento vastissimo, per provare a comprendere come sia difficile la gestione di questo elemento così importante in un ambiente come quello del CANILE.
E’ difficile e ingiusto fare una generalizzazione ma in ogni situazione di canile o rifugio, se volessimo dare spazio al cane rispettando le sue coordinate, inevitabilmente queste coordinate non potrebbero essere espresse liberamente, venendosi a scontrare con le coordinate “ spazi canile”.
La Legislazione (attraverso i Regolamenti Regionali) si occupa di queste misure, e forse solo i canili più grandi di dimensioni, possono permettersi box di una certa metratura con una parte esterna (zona giorno) ed una interna (zona notte) e aree sgambamento che si possano definire tali. Ma queste misure non hanno nulla a che fare con la prossemica di ogni singolo cane. Quindi, in canile, la realtà è fatta di spazi ristretti, convivenza forzata con altri cani, magari nello stesso box, condivisione di momenti importanti come pappa, deiezioni, uscite; sovrastimolazione delle emozioni e delle aspettative legate al passaggio degli operatori o al passaggio di altri cani, creando una continua variazione dello stato emozionale (arousal) e quindi un incremento deleterio dello STRESS.

L’alto numero di cani da gestire e gli spazi ristretti rende problematica la gestione quotidiana dando vita ad una routine fatta di controllo e contenimento.
Il canile IDEALE è un rifugio fatto secondo criteri etologici e scientifici diversi, basati su un ecosistema in cui al posto dei box ci siano spazi più ampi, nel verde, in cui la presenza di gruppi sociali distinti possano convivere serenamente in condizioni dignitose. Pensare a strutture di canili e gattili in cui ambientalisti, architetti, studiosi del comportamento animale, associazioni, e gestori possano collaborare per costruire qualcosa di più vicino alla natura.
Qualche struttura di questo tipo fortunatamente esiste già in Italia e noi crediamo fortemente che si debba sempre più tendere a quei modelli.
Ma in attesa che la cultura cinofila (e la legislazione) facciano questi importanti passi dovremmo cercare di migliorare le strutture e la gestione dei canili già esistenti.

Per esempio iniziando con il box, separando adeguatamente zona giorno e zona notte (sia per il momento del pasto che per il momento del riposo limitando le sollecitazioni esterne); prevedere un “rituale” di avvicinamento e entrata / uscita dal box per rispettare la soggettività del cane in modo da renderlo più consapevole su quello che si andrà a fare insieme;
Mettendo schermature sulle reti nei passaggi comuni (per evitare la troppa stimolazione emotiva del cane);
Creare aree sgambo in cui l’uscita del cane possa essere un vero momento di scarico e di espressione di sé con arricchimento ambientale (giochi, attrezzi, piscinette…) seguito e controllato da operatori ed educatori;
Creare “zone di decompressione” momentanea prima che il cane esca in passeggiata (dove poterlo vestire dopo averlo fatto calmare e scaricare) per trasmettergli calma e autocontrollo prima di varcare la soglia.
Questi, sono solo alcuni degli esempi di accorgimenti che si possono adottare per rendere un po’ meno difficile la condivisione di uno spazio ristretto e problematico come quello del canile.