La storia di Pepe, e della nostra coordinatrice Cristina racconta di una bilancia in bilico tra un baratro emotivo tristemente noto e presa in carico di una situazione complicata
La storia di Pepe e Cristina racconta da che parte la bilancia può pendere quando chi chiede aiuto e chi accoglie si riconoscono reciprocamente la possibilità di non arrivare a ciò che amaramente definiamo “rinuncia di proprietà”.
LA RINUNCIA DI PROPRIETA’ E’ UN FALLIMENTO SOCIALE:
Tutto sbagliato, a cominciare dalla condanna che fa capolino dietro il termine “proprietà”.
Vari sono i nodi, primo fra tutti quello più lampante di potersi disfare di una rapporto, di un individuo come se fosse una cosa. Il risultato di una scelta impulsiva, del bisogno di un momento, da derive sillegiche tipicamente umane.
Perché ciò a cui si rinuncia è la consapevolezza ed il senso di responsabilità che ogni relazione comporta.
Ma è Rinuncia ad altro ancora, oltre che a questo. Talvolta è rinuncia all’ascolto dell’altrui difficoltà.
Se l’impegno in canile è innanzitutto impegno sociale, il ruolo di chi collabora con canile è anche essere supporto sociale.
Per provare ad arrivare prima di quella rinuncia.
Per chi per esempio vive un’emergenza, un’ urgenza, per chi quella famosa consapevolezza sente di volerla maturare, a chi, per infinite variabili, imprevisti e circostanze, semplicemente non c’è la fa da solo.
E allora quando si vive profondamente un canile, come parte integrante attiva di quel mondo fuori dal mondo, in cui la vita fa a pugni con l’alienazione, allora le consulenze, possono fare la differenza.
LA STORIA DI PEPE:
Pepe, è un breton di circa 4 anni, che si è trovato vittima della sfortuna di vita che spesso capita: una malattia invalidante del suo compagno umano che, quando Pepe era ancora cucciolo, ha impedito di fargli fare una vita insieme di esperienze e condivisione.
Così Pepe si trovava all’età di circa 4 mesi a vivere esclusivamente in un recinto con giardino, in una casa di vacanza, abitata solo qualche mese all’anno.
Di lui si occupava un familiare, andando a dargli da mangiare e passando con Pepe qualche momento legato alla cura della vigna adiacente alla casa.
Fino a che, anche il familiare che si occupava del suo nutrimento, è venuto a mancare, ed il problema Pepe che nel frattempo aveva raggiunto i 4 anni, per la famiglia, è diventato impellente: che fare adesso di lui?
Sono stata contattata dalla famiglia del figlio del proprietario, che fortunatamente “non si è girata dall’altra parte” per avere un aiuto nel cercare una sistemazione per Pepe; l’ipotesi adozione era considerata, ma Pepe aveva diverse “caratteristiche” non compatibili con una vita domestica.
Aveva un’ altissima attivazione (arousal) nel momento in cui la persona entrava nel suo recinto: saltava addosso in modo violento, montava e scaricava prendendo in bocca e distruggendo tutto quello che gli capitava a tiro….comprese maniche di giubbotti, pantaloni, guinzagli, pettorine, coperte.
Inoltre una volta introdotto in casa, si agitava a tal punto da non riuscire a stare in spazi chiusi da quattro mura, distruggendo cuscini, tappeti , divani, scarpe, oggetti della casa, qualsiasi cosa su cui poter scaricare la sua frustrazione.
FINALMENTE L’ ADOZIONE:
Fortunatamente, i familiari che mi hanno contattato, hanno accettato di fare un percorso di abituazione di Pepe alla nuova ipotetica vita, prendendo in considerazione l’ipotesi di adottarlo.
Lorena, Andrea, Leo sono state persone meravigliosamente responsabili e comprensive dei disagi di Pepe, e un lungo lavoro di “equipe” (grazie anche alla vicina di casa, Gianna, che si era sempre occupata di lui), fatto di educazione ma anche di compagnia, passeggiate, esperienze, hanno portato dopo qualche mese alla prima notte di Pepe in casa. E dopo quella prima notte, tante altre notti , e Pepe non è più tornato in quel recinto.
Quest’estate la prima vacanza al mare ha decretato definitivamente l’inserimento di Pepe come membro della famiglia
Questa storia a lieto fine purtroppo non è cosi diffusa e frequente; spesso i cani finiscono nei canili e, se hanno alcune problematiche dovute semplicemente ad una mancata ed errata esperienza di vita pregressa, non riescono a trovare adozione, a meno che nel canile non ci siano figure professionali adatte al recupero comportamentale.
Ora Pepe è un cane equilibrato, inserito in un contesto familiare che si occupa di lui e che è felicissimo di averlo adottato; a volte la differenza tra l’entrata o non, in canile la fa proprio un mix di elementi di sensibilità e senso di responsabilità delle persone che gravitano attorno al cane anche quando non compete direttamente, ma che, appunto,“ non si sono girate dall’altra parte” e hanno affrontato consapevolmente un percorso per dare una seconda possibilità di vita a Pepe
Buona vita Pepe!
Articolo di Cristina Lombardi e Maria Guarino, Referente Nazionale Rifugi e Canili
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